MOSTRE/FOTOGRAFIA
Il reale come mai visto prima di Gaia Torzini
9 Novembre 2008
Di Gaia Torzini
Lui la chiama realtà nascosta. Ma per chi vede le sue opere per la
prima volta la sensazione è di essere di fronte a una
provocazione, a un gioco intellettuale che sovverte le regole, le
beffa, le estremizza fino a ricreare una nuova realtà, possibile
ma al tempo stesso difficile da immaginare.
Carlo Ferraris, autore della mostra fotografica (corredata da video e
audio), ospitata dalla Florence Lynch Gallery, 531 west 25th Street,
dal 16 ottobre al 15 novembre, è un po' come le sue opere. Semplici e
immediate all'apparenza, quanto intriganti e capaci di disorientare
chi le osserva con attenzione.
Nato a Borgo Sesia, in provincia di Vercelli, nel 1960, lavora e
vive da più di 15 anni a New York. Ha esposto in numerose gallerie
e città, dall'Italia agli Stati Uniti e altri paesi europei,
scegliendo sempre come soggetti delle sue foto persone o oggetti
appartenenti alla sfera quotidiana.«Attraverso la mia arte -spiega
Ferraris- cerco di rintracciare e rendere visibile quella realtà
nascosta alla quale generalmente non facciamo caso. Alcuni critici
hanno chiamato le mie creazioni surreali. Io invece credo che non si
tratti di una definizione appropriata: il surreale è qualcosa di
immaginario, che va oltre la realtà. Mentre le mie foto non fanno che
mostrare aspetti della vita di tutti i giorni che esistono
concretamente, anche se nascosti».«A volte -insiste- sostengo di
lavorare con i rifiuti della nostra società, tanto necessari quanto
invisibili». Alla Florence Lynch Gallery, di fatto, le mostre firmate
Ferraris sono due: la prima, I brought this *&%$#!@ house because of
this table, è costituita da una serie di fotografie che hanno come
soggetto il tavolo, sul quale l'artista dispone gli oggetti
quotidiani in modo non ordinario: ad esempio, coltelli, bottiglie,
piatti alle estremità del tavolo; oppure, un gran palloncino blu
appeso sul piatto al centro di un tavolo. Nella seconda esposizione,
invece, dal titolo All the art work I would have made if Horen
Higgins was my father, porta sulla scena oggetti quotidiani visti in
modo tridimensionale con l'aggiunta del primo "fucile da caccia
elettrico" utilizzato come "elettrodomestico". Il tutto supportato da
installazioni audio e video che permettono di capire meglio le
tecniche utilizzate dell'artista. «La scelta del tavolo come leit
motiv della mostra -continua Ferraris- nasce dal fatto che si tratta
di un oggetto quotidiano che rappresenta in sé uno spazio definito.
L'idea di fondo è partire dal tavolo per localizzare oggetti e
situazioni, che si presentano sempre in modo irripetibile». Non a
caso, le foto esposte non hanno un vero e proprio titolo, ma sono
state classificate in base alla loro misura e alle loro coordinate
nello spazio. Il che, di fatto, ci porta inevitabilmente a riflettere
sia sull'irripetibilità di un momento spazio-temporale, sia sulla
molteplicità di sguardi e interpretazioni che si possono dare a una
stessa situazione o oggetto visto da differenti
angolazioni.
Di fronte allo stupore dello spettatore, che non può fare a meno
di sentirsi affascinato o disorientato dalla realtà fuori dagli
schemi che l'artista propone, Ferraris però non si scompone. Per
lui, quelle immagini sono "normali" e quotidiane quanto gli oggetti
da cui sono composte. Peccato non averci mai pensato
prima.
Per maggiori informazioni:
www.florenceLynchGallery.com